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IL GRAFFIO - Ora Insigne deve reagire
18.10.2019 13:29 di Redazione Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

Solo un uomo di cinema poteva riprendersi la scena con uno strappo così violento. Aurelio De Laurentiis passa dalla comicità funambolica dei cinepanettoni all’ironia dolente di “Benedetta Follia”. Il genere western non è suo, ci prova con una intervista impetuosa come l’irruzione in un saloon con due pistole fumanti. Come dire: zitti tutti, mi avete rotto, il Napoli è mio e comando io. È andata così. Ora nessuno parla. Lo sgomento gela una squadra in palese disordine. Il calcio nasconde quasi tutto. Ipocrisia, complicità, silenzio: queste le regole. C’è voluta l’Antimafia per drenare la platea juventina. In versione pop, c’è voluta Wanda Nara ribelle e sciantosa per far conoscere lo spogliatoio dell’Inter di Perisic, con Spalletti a guardare. A Napoli c’è voluto un presidente esasperato per far guardare oltre la vetrata fumé del suo Napoli, giocatori che in estate annunciano lo scudetto e al primo giro di vento precipitano a sei punti dalla Juve. A De Laurentiis non poteva bastare la versione dolciastra di Ancelotti dopo l’orribile pari di Torino. «Solo timidezza», disse Carletto, con quella faccia da monaco clemente che augura pace e bene, dove non c’è pace con chi va in panchina e non c’è bene se alcuni dei migliori sono poco attenti ai risultati e molto ai contratti, senza staccare mai i telefoni con mercato europeo e cinese. Ragazzi, siamo solo all’ottava. Che non fosse soddisfatto della classifica e dei metodi morbidi si sapeva. Con Ancelotti scambiava telefonate lunghe e concitate. Si è fatto raccontare tutto. Quando ha capito che poteva salvare solo Ancelotti, finito sulla brace accerchiato da tifosi nonostante quel vagone di trofei che si porta dietro, De Laurentiis ha reagito. È intervenuto nel Napoli sfasciando le fragili barriere della finzione. Ha accettato il rischio: l’intervista può squarciare il Napoli e ricomporlo d’incanto. Lo sapremo non domani, comunque presto. Ora si sa però tutto quello che si immaginava, forse di più. Insigne il primo bersaglio. Sentire da un presidente che «Insigne ha battute e atteggiamenti quasi di sfida se l’allenatore non lo utilizza, un allenatore che è un padre di famiglia di 60 anni e non lo manda a quel paese» è più grave che imporre una grossa multa. Parole che sono un cerchio di fuoco: Insigne può uscire in due modi. Onorare la sua fascia di capitano, stringerla forte al braccio, darsi uno stile pari all’indubbio talento o supplicare Raiola perché gli trovi il primo jet utile per un’altra squadra, città, nazione. Ce la farà? Sappia Insigne che ai tifosi sta a cuore la prima ipotesi, ci pensi. E non solo lui deve riflettere. La Nazionale conferma, non dissolve le risorse immense di questo ragazzo terribilmente fermo all’età di capricci, vittimismi e malumori. Può risalire ancora più forte. Il primo ad aiutarlo, se vuole, sarà l’uomo che osava sfidare.

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IL GRAFFIO - Ora Insigne deve reagire

di Napoli Magazine

18/10/2024 - 13:29

Solo un uomo di cinema poteva riprendersi la scena con uno strappo così violento. Aurelio De Laurentiis passa dalla comicità funambolica dei cinepanettoni all’ironia dolente di “Benedetta Follia”. Il genere western non è suo, ci prova con una intervista impetuosa come l’irruzione in un saloon con due pistole fumanti. Come dire: zitti tutti, mi avete rotto, il Napoli è mio e comando io. È andata così. Ora nessuno parla. Lo sgomento gela una squadra in palese disordine. Il calcio nasconde quasi tutto. Ipocrisia, complicità, silenzio: queste le regole. C’è voluta l’Antimafia per drenare la platea juventina. In versione pop, c’è voluta Wanda Nara ribelle e sciantosa per far conoscere lo spogliatoio dell’Inter di Perisic, con Spalletti a guardare. A Napoli c’è voluto un presidente esasperato per far guardare oltre la vetrata fumé del suo Napoli, giocatori che in estate annunciano lo scudetto e al primo giro di vento precipitano a sei punti dalla Juve. A De Laurentiis non poteva bastare la versione dolciastra di Ancelotti dopo l’orribile pari di Torino. «Solo timidezza», disse Carletto, con quella faccia da monaco clemente che augura pace e bene, dove non c’è pace con chi va in panchina e non c’è bene se alcuni dei migliori sono poco attenti ai risultati e molto ai contratti, senza staccare mai i telefoni con mercato europeo e cinese. Ragazzi, siamo solo all’ottava. Che non fosse soddisfatto della classifica e dei metodi morbidi si sapeva. Con Ancelotti scambiava telefonate lunghe e concitate. Si è fatto raccontare tutto. Quando ha capito che poteva salvare solo Ancelotti, finito sulla brace accerchiato da tifosi nonostante quel vagone di trofei che si porta dietro, De Laurentiis ha reagito. È intervenuto nel Napoli sfasciando le fragili barriere della finzione. Ha accettato il rischio: l’intervista può squarciare il Napoli e ricomporlo d’incanto. Lo sapremo non domani, comunque presto. Ora si sa però tutto quello che si immaginava, forse di più. Insigne il primo bersaglio. Sentire da un presidente che «Insigne ha battute e atteggiamenti quasi di sfida se l’allenatore non lo utilizza, un allenatore che è un padre di famiglia di 60 anni e non lo manda a quel paese» è più grave che imporre una grossa multa. Parole che sono un cerchio di fuoco: Insigne può uscire in due modi. Onorare la sua fascia di capitano, stringerla forte al braccio, darsi uno stile pari all’indubbio talento o supplicare Raiola perché gli trovi il primo jet utile per un’altra squadra, città, nazione. Ce la farà? Sappia Insigne che ai tifosi sta a cuore la prima ipotesi, ci pensi. E non solo lui deve riflettere. La Nazionale conferma, non dissolve le risorse immense di questo ragazzo terribilmente fermo all’età di capricci, vittimismi e malumori. Può risalire ancora più forte. Il primo ad aiutarlo, se vuole, sarà l’uomo che osava sfidare.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica