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GOLAZO - Adolfo Mollichelli su "NM": "Napoli, ti definisco la grande bellezza"
16.01.2023 23:09 di Redazione

NAPOLI - Se fosse il tuo nome al femminile saresti la sirena Partenope, fascino senza misteri. Rubo allora a Paolo Sorrentino per definirti la grande bellezza. Ne ho viste di squadroni nei miei anta e passa di passione e lavoro. E ti colloco, Ciuccio delle meraviglie, nel gotha del calcio. Di diritto e non per campanile. Erano fiduciosi i tuoi fans e però avevano lasciato liberi i diverticoli del pensiero: la Juve è sempre la Juve, la Rube, l'arbitro e insomma tutto può accadere. Dimentichi - perché l'amore sviscerato è così, ti conduce all'estasi e subito cadi nell'oblio - che la sua creatura aveva rifilato quattro sberle al Liverpool e sei ceffoni all'Ajax. Non restava che condurre in porto il brigantino della certezza, tra i marosi spumeggianti sulle vele. Ed ecco, naturale, consequenziale, logica la manita ai bianconeri. Sul campo e a fine partita: rimarrà a perenne memoria il saluto-sberleffo del pelato di Certaldo con le cinque dita della mano destra aperte ad inseguire l'ex uomo di Ambra, colui che ama il corto muso e neanche aveva compreso come fosse andato a sbattere col muso contro un'entità gommosa discesa dallo spazio. Anche nell'anno '90, supercoppa italiana, furono cinque i gol rifilati ai bianconeri, Robertino Baggio salvò l'onore piemontardo, era la squadra di Maifredi il buontempone, aperta come Roma città, destinata a subire in nome della leggerezza creativa. Il 5-1 del venerdì di gloria azzurra e di passione bianconera ha tutt'altra valenza. Perché non erano state le solite cavalcate quelle offerte al prato milanese e alle zolle spelacchiate della Genova blucerchiata. Erano state le prime due uscite post mondiale della noia moraviana e certa stampa e certi critici (criticonzi?) e pure taluni fans si aspettavano l'inizio di un nuovo campionato, nuovo nel senso di diverso come andamento, in nome di una presunta frenata del Napoli e della rimonta, rimonte, delle due milanesi, i ragazzi di padre Pioli a meno 9, i beneamati a meno dieci come i bianconeri. Questi ultimi accreditati di concrete possibilità di arrivare alla sfida scudetto. Certo che venivano, gli orfani di Dybala, da otto successi consecutivi, con la difesa meno battuta (solo 7 gol) e pronti ad andare ancora di corto muso. E poi, Kvara che non aveva brillato a Milano e a Genova e pochi soltanto a ricordare che la pubalgia è un malanno infido. Poi, tutto è tornato come prima. Con gli azzurri marosi e i piemontesi scogliera con cento buchi e passaggi, su tutti la roccia (sgretolata), nomata Punta Bremer. Non sto a rievocare i pentagol già passati nella storia e nelle cineteche. Ma non posso tacere di quanto siano stati determinanti due pedine contro le quali si erano accaniti i criticonzi e compagnìa bella di cui sopra. Allora ricordo la paratissima di Meret che ha evitato il 2-2 allo scadere del primo tempo e la fantapartita di Mario Rui il portoghese che va sempre alla ricerca di nuovi mondi possibili. Quanto a Zolla Gialla concordo con il pelato di Certaldo quando asserisce che non ancora si sa dove potrà arrivare. Con i suoi gol (capocannoniere) e le sue elevazioni spinte da due gambe snelle e lunghe che nemmeno le gemelle Kessler. Finisco con altri due nomi: Kvara, il cigno georgiano, caracollante e sublime, imprevedibile e saettante, goleador e rifinitore. E Lobotka, l'elettricista del centrocampo. Ma forse è meglio definirlo l'Edison del calcio azzurro, e non solo.

 

 

Adolfo Mollichelli

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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GOLAZO - Adolfo Mollichelli su "NM": "Napoli, ti definisco la grande bellezza"

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16/01/2024 - 23:09

NAPOLI - Se fosse il tuo nome al femminile saresti la sirena Partenope, fascino senza misteri. Rubo allora a Paolo Sorrentino per definirti la grande bellezza. Ne ho viste di squadroni nei miei anta e passa di passione e lavoro. E ti colloco, Ciuccio delle meraviglie, nel gotha del calcio. Di diritto e non per campanile. Erano fiduciosi i tuoi fans e però avevano lasciato liberi i diverticoli del pensiero: la Juve è sempre la Juve, la Rube, l'arbitro e insomma tutto può accadere. Dimentichi - perché l'amore sviscerato è così, ti conduce all'estasi e subito cadi nell'oblio - che la sua creatura aveva rifilato quattro sberle al Liverpool e sei ceffoni all'Ajax. Non restava che condurre in porto il brigantino della certezza, tra i marosi spumeggianti sulle vele. Ed ecco, naturale, consequenziale, logica la manita ai bianconeri. Sul campo e a fine partita: rimarrà a perenne memoria il saluto-sberleffo del pelato di Certaldo con le cinque dita della mano destra aperte ad inseguire l'ex uomo di Ambra, colui che ama il corto muso e neanche aveva compreso come fosse andato a sbattere col muso contro un'entità gommosa discesa dallo spazio. Anche nell'anno '90, supercoppa italiana, furono cinque i gol rifilati ai bianconeri, Robertino Baggio salvò l'onore piemontardo, era la squadra di Maifredi il buontempone, aperta come Roma città, destinata a subire in nome della leggerezza creativa. Il 5-1 del venerdì di gloria azzurra e di passione bianconera ha tutt'altra valenza. Perché non erano state le solite cavalcate quelle offerte al prato milanese e alle zolle spelacchiate della Genova blucerchiata. Erano state le prime due uscite post mondiale della noia moraviana e certa stampa e certi critici (criticonzi?) e pure taluni fans si aspettavano l'inizio di un nuovo campionato, nuovo nel senso di diverso come andamento, in nome di una presunta frenata del Napoli e della rimonta, rimonte, delle due milanesi, i ragazzi di padre Pioli a meno 9, i beneamati a meno dieci come i bianconeri. Questi ultimi accreditati di concrete possibilità di arrivare alla sfida scudetto. Certo che venivano, gli orfani di Dybala, da otto successi consecutivi, con la difesa meno battuta (solo 7 gol) e pronti ad andare ancora di corto muso. E poi, Kvara che non aveva brillato a Milano e a Genova e pochi soltanto a ricordare che la pubalgia è un malanno infido. Poi, tutto è tornato come prima. Con gli azzurri marosi e i piemontesi scogliera con cento buchi e passaggi, su tutti la roccia (sgretolata), nomata Punta Bremer. Non sto a rievocare i pentagol già passati nella storia e nelle cineteche. Ma non posso tacere di quanto siano stati determinanti due pedine contro le quali si erano accaniti i criticonzi e compagnìa bella di cui sopra. Allora ricordo la paratissima di Meret che ha evitato il 2-2 allo scadere del primo tempo e la fantapartita di Mario Rui il portoghese che va sempre alla ricerca di nuovi mondi possibili. Quanto a Zolla Gialla concordo con il pelato di Certaldo quando asserisce che non ancora si sa dove potrà arrivare. Con i suoi gol (capocannoniere) e le sue elevazioni spinte da due gambe snelle e lunghe che nemmeno le gemelle Kessler. Finisco con altri due nomi: Kvara, il cigno georgiano, caracollante e sublime, imprevedibile e saettante, goleador e rifinitore. E Lobotka, l'elettricista del centrocampo. Ma forse è meglio definirlo l'Edison del calcio azzurro, e non solo.

 

 

Adolfo Mollichelli

 

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