L'Angolo
MARADONA - Il medico Luque si difende in lacrime in tv: "Ho cercato di aiutarlo, orgoglioso di quanto ho fatto per lui"
23.05.2021 12:35 di Redazione Fonte: Il Mattino

NAPOLI - Leopoldo Luque, neurochirurgo di Buenos Aires, ha vissuto una vita in copertina fino al 24 novembre scorso. Dalla morte di Diego Armando Maradona, avvenuta il giorno dopo a Tigre, a 25 chilometri da Buenos Aires, la sua vita è cambiata. È sempre in copertina, ma stavolta non come medico dei vip, a cominciare dal Campione. È accusato di omicidio con dolo eventuale per non avere assistito in maniera adeguata il Pibe, grave cardiopatico e alcolizzato, e adesso rischia come altri sei tra medici e infermieri dagli 8 anni ai 25 anni di carcere. Luque è andato in tv, poche ore dopo il cambio di imputazione deciso dalla procura di San Isidro, per difendersi. E lo ha fatto in maniera spettacolare, accompagnando le sue parole con lacrime e audio di un vocale di Maradona in cui lo ringraziava per l'aiuto che gli dava. Un vecchio audio, certo. L'intervista-show nel programma “Vino para Vos” (venuto per voi) condotto da Tomas Dente su KZO. «Adesso non c'è più pace, né per lui né per me». Luque ha parlato della sua infanzia povera, quasi facendo un raffronto con le origini di Maradona. «Non volevo diventare un medico ma volevo uscire dalla povertà», ha detto. Il primo incontro con Diego nel 2016: «Mi colpì perché non si sentiva Maradona». Quel drammatico giorno, 25 novembre, così ricostruito: «Ero in sala operatoria a Berazategui quando arrivò la chiamata di Maxi (Maxi Pomargo, assistente di Maradona e cognato dell'avvocato Matias Morla, ndr). Mi disse che Diego era in arresto cardiaco, pensavo stesse scherzando ma su queste cose non si scherza. Contattai alcuni medici, ci sono i file audio che lo confermano». I file audio hanno distrutto la reputazione, non solo la carriera, di Luque, perché in uno di questi si sente dire: «Il grassone sta morendo». Alla faccia dell'amore e delle lacrime per Maradona. «La dottoressa Cosachov (Agustina Cosachov, psichiatra, è una dei sette indagati, ndr) mi disse che stavano tentando di rianimarlo da un quarto d'ora: troppo, sapevo che non sarebbe sopravvissuto». Perché non c'era un defibrillatore in casa di Maradona? Perché non c'era un'ambulanza fissa, considerando la gravità delle sue condizioni? Luque scarica tutto sulla dottoressa Cosachov: «Ha fatto lei il contratto con la società Swiss Medical per il supporto a Maradona in quell'appartamento, io non ho un'azienda che si occupa di assistenza domiciliare. Nell'autopsia non emerge che sia stato a lungo in agonia: un paziente in agonia non sta in posizione orizzontale, Diego sembrava che dormisse quando l'ho visto». Secondo le conclusioni della commissione medica, l'agonia di Maradona sarebbe invece durata circa dodici ore. Che paziente è stato Maradona? «Non rispettava le indicazioni dei medici. Faceva due controlli all'anno ma durante la pandemia tutto è diventato più complicato. Si è aggravato il quadro psicologico e quello della dipendenza». Abuso di alcol, non di droghe, che il presunto staff medico non ha saputo gestire, sebbene vi fossero la psichiatra Cosachov e lo psicologo Carlos Diaz nel team. Altro punto contestato è l'operazione al cervello del 3 novembre: giusto farla? Secondo Luque, sì: «Perché la tomografia aveva evidenziato un ematoma subdurale sul lato sinistro, quello che gestisce la cognizione. Diego accettò l'intervento, la famiglia non volle che fossi io ad operarlo, al contrario di quanto chiedeva il paziente. Così seguii l'operazione in sala operatoria. Cosa sarebbe accaduto se non si fosse operato? Non lo so ma certo quel liquido andava eliminato». Le lacrime di Luque - spiega il neurochirurgo già condannato mediaticamente dal popolo argentino - sono quelle di «un uomo ferito: si dice che lo abbiamo seguito male ma di questo non vi è alcun riscontro. Io ho cercato di aiutarlo e sono orgoglioso di quanto ho fatto per lui. L'ho adorato e rispettato. Sono in pace e mi auguro che anche Diego sia in pace perché lo merita».

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MARADONA - Il medico Luque si difende in lacrime in tv: "Ho cercato di aiutarlo, orgoglioso di quanto ho fatto per lui"

di Napoli Magazine

23/05/2024 - 12:35

NAPOLI - Leopoldo Luque, neurochirurgo di Buenos Aires, ha vissuto una vita in copertina fino al 24 novembre scorso. Dalla morte di Diego Armando Maradona, avvenuta il giorno dopo a Tigre, a 25 chilometri da Buenos Aires, la sua vita è cambiata. È sempre in copertina, ma stavolta non come medico dei vip, a cominciare dal Campione. È accusato di omicidio con dolo eventuale per non avere assistito in maniera adeguata il Pibe, grave cardiopatico e alcolizzato, e adesso rischia come altri sei tra medici e infermieri dagli 8 anni ai 25 anni di carcere. Luque è andato in tv, poche ore dopo il cambio di imputazione deciso dalla procura di San Isidro, per difendersi. E lo ha fatto in maniera spettacolare, accompagnando le sue parole con lacrime e audio di un vocale di Maradona in cui lo ringraziava per l'aiuto che gli dava. Un vecchio audio, certo. L'intervista-show nel programma “Vino para Vos” (venuto per voi) condotto da Tomas Dente su KZO. «Adesso non c'è più pace, né per lui né per me». Luque ha parlato della sua infanzia povera, quasi facendo un raffronto con le origini di Maradona. «Non volevo diventare un medico ma volevo uscire dalla povertà», ha detto. Il primo incontro con Diego nel 2016: «Mi colpì perché non si sentiva Maradona». Quel drammatico giorno, 25 novembre, così ricostruito: «Ero in sala operatoria a Berazategui quando arrivò la chiamata di Maxi (Maxi Pomargo, assistente di Maradona e cognato dell'avvocato Matias Morla, ndr). Mi disse che Diego era in arresto cardiaco, pensavo stesse scherzando ma su queste cose non si scherza. Contattai alcuni medici, ci sono i file audio che lo confermano». I file audio hanno distrutto la reputazione, non solo la carriera, di Luque, perché in uno di questi si sente dire: «Il grassone sta morendo». Alla faccia dell'amore e delle lacrime per Maradona. «La dottoressa Cosachov (Agustina Cosachov, psichiatra, è una dei sette indagati, ndr) mi disse che stavano tentando di rianimarlo da un quarto d'ora: troppo, sapevo che non sarebbe sopravvissuto». Perché non c'era un defibrillatore in casa di Maradona? Perché non c'era un'ambulanza fissa, considerando la gravità delle sue condizioni? Luque scarica tutto sulla dottoressa Cosachov: «Ha fatto lei il contratto con la società Swiss Medical per il supporto a Maradona in quell'appartamento, io non ho un'azienda che si occupa di assistenza domiciliare. Nell'autopsia non emerge che sia stato a lungo in agonia: un paziente in agonia non sta in posizione orizzontale, Diego sembrava che dormisse quando l'ho visto». Secondo le conclusioni della commissione medica, l'agonia di Maradona sarebbe invece durata circa dodici ore. Che paziente è stato Maradona? «Non rispettava le indicazioni dei medici. Faceva due controlli all'anno ma durante la pandemia tutto è diventato più complicato. Si è aggravato il quadro psicologico e quello della dipendenza». Abuso di alcol, non di droghe, che il presunto staff medico non ha saputo gestire, sebbene vi fossero la psichiatra Cosachov e lo psicologo Carlos Diaz nel team. Altro punto contestato è l'operazione al cervello del 3 novembre: giusto farla? Secondo Luque, sì: «Perché la tomografia aveva evidenziato un ematoma subdurale sul lato sinistro, quello che gestisce la cognizione. Diego accettò l'intervento, la famiglia non volle che fossi io ad operarlo, al contrario di quanto chiedeva il paziente. Così seguii l'operazione in sala operatoria. Cosa sarebbe accaduto se non si fosse operato? Non lo so ma certo quel liquido andava eliminato». Le lacrime di Luque - spiega il neurochirurgo già condannato mediaticamente dal popolo argentino - sono quelle di «un uomo ferito: si dice che lo abbiamo seguito male ma di questo non vi è alcun riscontro. Io ho cercato di aiutarlo e sono orgoglioso di quanto ho fatto per lui. L'ho adorato e rispettato. Sono in pace e mi auguro che anche Diego sia in pace perché lo merita».

Fonte: Il Mattino